Conseguenze della «politica della sosta»

Abbiamo visto in un precedente articolo quale forte impatto le esigenze della circolazione e della sosta veicolare abbiano avuto anche in Italia sull’uso del suolo urbano, nell’ambito dell’espansione delle città pianificata negli ultimi decenni, e come – alla luce delle norme vigenti – non sia lecito considerare il pagamento della sosta su strada come una «tassa» per l’occupazione del suolo pubblico, ma solo come corrispettivo per un «servizio» che le Amministrazioni pubbliche (o le Società di gestione affidatarie del servizio) devono fornire agli utenti.

In quest’articolo esamineremo come possa essere organizzata la sosta in modo da offrire effettivamente un servizio, e come da una corretta organizzazione della sosta possa derivare anche un uso più efficiente del suolo urbano.

Si definisce «politica della sosta» l’insieme delle misure adottate per la regolamentazione della sosta su strada (e nei parcheggi pubblici) in ambito urbano. La tariffazione della sosta su strada è fondamentale, perché da essa dipendono l’occupazione del suolo pubblico da parte dei veicoli in sosta e l’utilizzazione di soluzioni alternative alla sosta su strada – in aree pubbliche o private – da parte degli utenti.

La tariffazione della sosta su strada, non abbinata ad alcuna offerta di soluzioni alternative a costo contenuto, può contribuire – anche se in misura molto ridotta rispetto, ad esempio, al forte rincaro del prezzo dei carburanti, i cui effetti si fanno sentire con particolare durezza in questi tempi – alla riduzione del tasso di motorizzazione, dato che i meno abbienti non possono più sostenere il costo di mantenimento dell’auto (sempre più elevato nell’ambito del bilancio personale), e dunque riducono il numero di auto possedute in ambito familiare.

Entro certi limiti, la riduzione del tasso di motorizzazione deve essere considerata – almeno in Italia – come un elemento positivo, anche se va tenuto conto del fatto che essa colpisce in modo più rilevante le fasce a reddito basso ed i giovani. È necessario comunque tener presente l’importanza dei veicoli a motore in funzione della mobilità, soprattutto in quest’epoca in cui il termine «mobilità» viene utilizzato in modo estensivo in riferimento alla possibilità (o alla necessità) di cambiare attività e luogo di lavoro. Esistono valide alternative all’uso del veicolo privato per determinate modalità di spostamento? Può il trasporto pubblico far fronte alle diverse esigenze della mobilità con la necessaria efficienza? Con quali strumenti ed a che prezzi?

Nei quartieri urbani di nuova realizzazione si deve tener conto delle dotazioni obbligatorie di spazi per la sosta previste dai piani regolatori (nella foto: periferia di Brescia).

L’estensione tipica del suolo urbano di una città italiana rispetto al nucleo del centro storico, iniziata nei primi decenni del ‘900, ha avuto un vigoroso impulso nell’epoca della motorizzazione di massa (nella foto: Modena).

Si tratta di questioni non semplici, rispetto alle quali gli addetti ai lavori e gli amministratori pubblici coscienti della loro funzione non possono cavarsela con un «ognuno si arrangi come può». Per approfondire alcuni aspetti dell’argomento, osserviamo anzitutto che il costo per kilometro percorso si è quasi raddoppiato negli ultimi 4 anni, e questo avrà come inevitabile conseguenza (positiva) un uso più attento e consapevole dell’auto privata come mezzo di trasporto, ed una ricerca più attiva di tecnologie per la realizzazione di sistemi di trazione efficienti ed economici, ed eventualmente di veicoli con requisiti distinti in funzione della mobilità urbana o extraurbana.

Detto questo, si può ragionevolmente ipotizzare che il parco autoveicoli non scenderà in futuro al disotto di una certa soglia (più o meno una vettura ogni due abitanti, cioè un tasso del 500‰ contro l’attuale 607‰), dunque anche nei prossimi anni le esigenze di sosta urbana resteranno, pur se con una pressione leggermente inferiore rispetto a quella attuale.

Valutazione dell’equilibrio di un sistema di sosta

L’equilibrio di un sistema di sosta, in ambito urbano, non può più essere semplicemente considerato come l’incontro tra l’offerta di sosta ed una domanda «incondizionata». Infatti, mentre l’offerta di sosta è un dato preciso e quantificabile in modo univoco, la domanda di sosta presenta aspetti variabili ed aleatori, sia in relazione al tempo che in funzione delle diverse esigenze degli utenti.

È importante comprendere come la domanda di sosta sia influenzata in modo determinante dall’offerta e dalle sue condizioni. Tendenzialmente, e per abitudine consolidata, tutti i conducenti dei veicoli vorrebbero guidare fino alla meta finale e lasciare lì il veicolo in sosta, se possibile gratuitamente e senza limiti di tempo. Se si dovesse far fronte ad una tale domanda, data la variabilità e la quantità delle diverse destinazioni possibili (ed il consistente numero di veicoli in circolazione), quand’anche si potesse disporre di tutto lo spazio necessario – cosa che in molte zone urbane non è assolutamente possibile – le conseguenze sulla pianificazione urbanistica sarebbero negative, come di fatto si è riscontrato in non pochi casi negli ultimi decenni.

Destinare molto spazio alla sosta a raso comporta infatti una dilatazione del tessuto urbano ed una conseguente estensione del territorio urbanizzato, che obbliga sempre più al trasporto veicolare, e che esige una quantità sempre maggiore di infrastrutture al servizio dei veicoli, sia nella fase dinamica (circolazione) che in quella statica (sosta).

Il quartiere Vauban, nei pressi di Friburgo – che occupa una superficie di 38 ettari nella quale sono state realizzate 2000 unità abitative per 5000 abitanti – è completamente car-free, ed il collegamento veicolare col «resto del mondo» è assicurato da una linea traviaria. I residenti che posseggono un’auto privata la devono lasciare in un parcheggio ai margini del quartiere, mentre i veicoli a due ruote possono circolare.

Le modalità di movimento all’interno di ciascuna zona urbana dovrebbero favorire l’andare a piedi (o in bicicletta) e la circolazione dei mezzi di trasporto pubblico, mentre l’uso dei veicoli privati dovrebbe essere limitato al trasferimento da zona a zona (e da parcheggio a parcheggio).

Quasi sempre si fa riferimento alle esigenze ed ai problemi della sosta in relazione alle carenze di offerta nei centri storici e nelle aree pericentrali delle nostre città. È necessario però tenere presente che, sotto il profilo dell’utilizzazione del suolo urbano in funzione della loro espansione, la maggior parte delle città italiane sono, al pari delle città europee, impostate per almeno due terzi su un modello centrato sull’auto e sulle sue esigenze: tutte le urbanizzazioni e le edificazioni successive al 1968 hanno dovuto infatti tener conto (se in regola con le norme urbanistiche) dei parametri minimi introdotti dal DM 1444/1968 ed adottati – spesso in misura superiore ai minimi – nella pianificazione urbanistica di ciascun Comune. In base a tali parametri, come si è già osservato, una notevole quantità di suolo urbanizzato è stata messa al servizio della «civiltà dell’automobile».

La pianificazione parametrica della sosta parte dal concetto che qualsiasi polo di attrazione debba essere raggiungibile in auto, e dunque debba essere dotato di un suo parcheggio. La capienza di ogni parcheggio, calcolata sulla base di ipotesi più o meno arbitrarie e non sempre affidabili, viene imposta dalle norme. È ragionevole pensare che il principio informatore della pianificazione parametrica non dovrebbe essere in alcun caso quello di far fronte ad una domanda «di picco», in quanto quest’ultima rappresenta un evento temporaneamente limitato e straordinario, e se qualsiasi polo di attrazione dovesse essere dotato di un parcheggio di capienza tale da poter far fronte a situazioni di picco, la città sarebbe piena di posti auto semivuoti per la maggior parte del tempo (cosa che già adesso si verifica in alcuni quartieri), con uno spreco di suolo urbano insostenibile, tenendo conto del fatto che la maggior parte dei posti auto imposti dalle norme urbanistiche sono a raso.

Se si mettono a confronto i centri storici – con la loro densità abitativa e la concentrazione dei poli di attrazione (almeno fino a pochi decenni fa) all’interno di un spazio ben definito percorribile a piedi o in bicicletta – con le aree di recente urbanizzazione, dove tutte le infrastrutture sono decentrate, dando per scontato che l’accessibilità alle stesse sia possibile utilizzando esclusivamente un mezzo di trasporto a motore (pubblico o privato), ci possiamo rendere conto della notevole quantità di suolo urbano devoluto al servizio dei veicoli a motore (strade e parcheggi).

Senza pretendere di tornare alle città antiche, il giusto equilibrio sta probabilmente in una soluzione intermedia, tramite la quale sia garantita la mobilità veicolare fondamentale «da zona a zona», con adeguata offerta di sosta all’interno di ciascuna zona, ma esigendo poi che la destinazione finale –in ciascuna zona – sia raggiunta con altri mezzi rispetto all’auto privata: a piedi, in bicicletta, o con un mezzo di trasporto pubblico.

Dunque conviene sostituire alla domanda di sosta «incondizionata» una diversa concezione che faccia riferimento ad una domanda di sosta «programmata», in relazione alla quale l’uso del suolo urbano destinato alla sosta deve essere ottimizzato, soprattutto evitando gli sprechi costituiti da ampi spazi di sosta decisamente sottoutilizzati.

In Europa, molto prima che in Italia, la carenza di spazi da destinare alla sosta ha portato alla realizzazione di parcheggi multipiano di grandi dimensioni e di elevata capienza, come il celebre «Get Carter» (dal titolo del film omonimo) costruito a Newcastle alla fine degli anni ’60, e demolito nel 2010.

Soluzioni per la domanda di sosta «programmata»

Il sistema di sosta che vogliamo qui presentare può essere applicato sia a livello zonale, o locale, sia in ambito urbano. Nel primo caso (locale) l’offerta di sosta deve essere predisposta in modo da garantire l’accesso e la sosta veicolare nell’ambito di un’area definita (la cui estensione non dovrebbe superare i 12 ettari), ma scoraggiando la ricerca del posto di sosta «il più vicino possibile» al luogo di destinazione.

È opportuno pertanto prendere in considerazione una tipologia di parcheggio che possiamo definire «di quartiere» o «di destinazione», come infrastruttura per la sosta destinata a servire una certa area, con un’adeguata capienza in funzione dell’estensione e della destinazione urbanistica dell’area stessa. Se, per esempio, consideriamo un’area di circa 10 ettari (un quadrato di 320 x 320 m), e vi costruiamo più o meno al centro un unico parcheggio di 4 piani da 400 posti auto (in modo da ottimizzare – come è stato spiegato nell’articolo precedente – l’uso dello spazio destinato alla sosta mediante la sua trasformazione in volume) osserviamo che qualsiasi localizzazione interna all’area ipotizzata è raggiungibile a piedi con un percorso non superiore a 200 m. Inoltre la capienza del parcheggio risulta tale da poter agevolmente incorporare tutte le singole esigenze di parcheggio richieste dal piano regolatore agli insediamenti ed alle infrastrutture presenti nell’area servita, e da compensare le singole esigenze di sosta dell’una o dell’altra attività, anche nei momenti di picco. Una quota dei posti auto del parcheggio può anche essere utilizzata per le esigenze della sosta residenziale.

Il parcheggio di quartiere va considerato dunque come polo di attrazione per i veicoli diretti in una certa area (come già accade adesso, ad esempio, per i parcheggi dei centri commerciali). I veicoli, ed i loro occupanti, potranno muoversi da parcheggio a parcheggio (considerando come parcheggi anche i box ed i posti auto privati per la sosta residenziale), e non da sito iniziale a meta finale, mentre il tratto di percorso fino alla destinazione finale verrà fatto di norma a piedi. A particolari esigenze di sosta di breve o brevissima durata (acquisti veloci, carico e scarico, trasporto disabili, ecc.), si potrà far fronte con un numero limitato di posti su strada. Per il trasporto di pacchi o borse di acquisti, è possibile dotare ciascun parcheggio di un servizio di carrelli di trasporto, come già attualmente accade per i supermercati.

L’offerta complessiva di sosta in ciascuna area servita da un parcheggio sarà così integrata da un numero non elevato di posti su strada, che dovranno essere a pagamento, con tariffe elevate e progressive e con limiti di tempo. In questo modo sarebbe possibile recuperare per altri usi (compreso il miglioramento della circolazione) parte del suolo pubblico attualmente destinato alla sosta. Quanto alla politica tariffaria da adottare, è opportuno distinguere tra i parcheggi da realizzare nelle aree di nuova urbanizzazione (o in quelle aree di recente urbanizzazione nelle quali si decida di riprogrammare la destinazione del suolo urbano) e quelli da insediare nei centri storici o in zone nelle quali, allo stato attuale, vi sia carenza di offerta di sosta.

Nel primo caso la sosta nel parcheggio di quartiere potrebbe essere gratuita (o prevedere una tariffa economica), mentre la sosta su strada dovrebbe essere disincentivata dalle tariffe più elevate. Verrebbe così offerta a tutti gli utenti una concreta risposta alla domanda di sosta, tramite un vero «servizio» costituito dalla presenza di un parcheggio di quartiere per ciascuna zona, disincentivando l’uso della sosta su strada o la ricerca del posto auto più prossimo alla meta finale. Tale ricerca comporta sempre spreco di carburante ed inquinamento, e non viene disincentivata dalla sola applicazione di una tariffa uniforme per la sosta su strada: infatti l’utente – dovendo comunque pagare lo stesso importo per la sosta, indipendentemente da dove parcheggia – va sempre alla ricerca del posto più prossimo alla destinazione finale.

Esempio di tabella parametrica della dotazione obbligatoria di posti auto pertinenziali privati (P765) e pubblici (PP) per alcune attività, tratta dal Piano regolatore (PSC-POC-RUE) del Comune di Modena.

Il tipo di parcheggio multipiano più economico è il fuori terra con struttura in metallo o mista, che si presta a varie soluzioni estetiche in grado di integrarsi in modo più che dignitoso nelle aree di recente urbanizzazione, come dimostra questo parcheggio Goldbeck a Leverkusen.

Nel secondo caso, dovendo il parcheggio supplire ad un’effettiva carenza di offerta, la sosta al suo interno deve essere a pagamento con tariffe adeguate, che tuttavia dovrebbero essere più convenienti rispetto a quelle della sosta su strada nella stessa area, soprattutto per la sosta di medio e lungo termine. Va ricordato che i parcheggi di nuova realizzazione dovrebbero avere una capienza sufficiente ad incentivarne l’uso anche in funzione sostitutiva della sosta su strada, in modo da alleggerire la pressione esercitata dai veicoli in sosta in particolari zone della rete viaria cittadina.
Quanto ai parcheggi da realizzare nelle aree di nuova o recente urbanizzazione, chi dovrà farsi carico dei costi di costruzione e di manutenzione del parcheggio, se la sosta al suo interno è gratuita o quasi? La risposta è molto semplice, se riformuliamo la domanda in questi termini: chi sostiene adesso il costo della sosta quando andiamo a far spesa al supermercato, o lasciamo l’auto nel parcheggio del ristorante, o andiamo in banca e sostiamo nell’area riservata ai clienti? Ovviamente, le diverse attività servite da questi parcheggi frazionati. Il parcheggio di destinazione non rappresenta altro che la trasformazione in uno strumento per la sosta più efficiente, meno costoso e meno invasivo di tutti quegli spazi per la sosta, pubblici e privati, che le norme di pianificazione urbanistica attualmente impongono a chiunque voglia costruire un edificio destinato a qualsiasi tipo di attività.

Il sistema di metro-tramvie della città di Lione viene spesso citato come esempio di un’efficiente rete di mobilità urbana (trasporto pubblico) collegata ad un adeguato sistema di sosta (parcheggi interrati, parcheggi scambiatori e sosta su strada). Lione dispone di un’ampia rete di parcheggi scambiatori (parc relais), tutti gratuiti per chi acquista il biglietto del trasporto pubblico, e collegati con un’efficiente sistema di trasporto (metro-tram-bus) in sede propria.

Già adesso i piani urbanistici di quasi tutte le città prevedono una procedura di «monetizzazione degli oneri di urbanizzazione», che per quanto riguarda i parcheggi si traduce nel pagamento di una somma sostitutiva dell’obbligo di realizzare posti auto su aree private. È ovvio che le somme riscosse per tali oneri dalle pubbliche amministrazioni, unitamente ai proventi derivanti dalla tariffazione della sosta su strada, dovrebbero servire alla realizzazione di nuovi parcheggi: qualsiasi altra utilizzazione di tali proventi, oltre che ingiustificata, è – come si è visto nel precedente articolo – illegale.

In quei casi in cui la soluzione prospettata non possa essere attuata nel breve termine (in particolare per gli ostacoli rappresentati dalle attuali norme urbanistiche), è possibile adottare misure transitorie, prevedendo ed incentivando un uso intensivo dei parcheggi fuori strada eventualmente presenti in ciascuna zona, situati sia in aree pubbliche che private, anche mediante la trasformazione di alcuni di essi da parcheggi a raso in parcheggi modulari, con uno o più livelli sopraelevati.

Inoltre, al livello dell’intera area urbana, l’offerta di sosta programmata deve prevedere una rete di parcheggi scambiatori che garantiscano l’accesso a qualsiasi zona, compreso il centro storico, mediante i mezzi di trasporto pubblico. Questa soluzione è già stata sviluppata ed applicata con successo in diverse città europee ed in alcune città italiane. Com’è ben comprensibile, l’opzione dell’uso del parcheggio scambiatore (gratuito o abbinato all’acquisto del biglietto del mezzo di trasporto) è tanto più appetibile per l’utente quanto più il trasporto pubblico è efficiente, in relazione ai seguenti tre elementi fondamentali:
•frequenza delle corse (soprattutto nelle ore di punta);
•riduzione dei tempi di percorrenza (metro-tramvie e corsie riservate, mezzi veloci);
•forme di abbonamento a prezzi convenienti per i fruitori abituali.

La fattibilità di queste misure, ed il conseguimento degli obiettivi prefissati, dipendono quasi esclusivamente dalla capacità e dalla determinazione degli amministratori pubblici: quello che è possibile fare con successo in una città francese o tedesca, può essere fatto anche in una città italiana – come in qualsiasi altra città europea – sempre che si voglia realmente perseguire un modello di sviluppo adeguato alle esigenze di un paese che voglia continuare a definirsi «civile».

Una soluzione poco invasiva per la realizzazione di nuovi posti auto da destinare alla sosta residenziale nei centri storici è costituita dai parcheggi interrati meccanizzati, come questo nella foto (autosilo a torre Trevipark®), insediato in una piazzetta di Bologna.

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